«Danieli possiede la tecnologia per rendere “green” l’acciaio»
L’ad Giacomo Mareschi Danieli e la sfida dell’Ilva: intervenire a Taranto per coronare un lavoro decennale
MAURA DELLE CASE
Dopo aver conquistato mezzo mondo con i suoi impianti chiavi in mano, il gruppo Danieli guarda con interesse all’Ilva di Taranto, forte com’è delle soluzioni tecnologiche per trasformare un buco nero della nostra storia industriale nella punta di diamante della siderurgia nazionale. Non ne ha fatto mistero ieri l’amministratore delegato del gruppo di Buttrio, Giacomo Mareschi Danieli, intervistato dal direttore del Messaggero Veneto, Omar Monestier, a palazzo Antonini-Maseri, prestigiosa sede del rettorato dell’Università di Udine, che nel pomeriggio ha ospitato Top100, l’evento che accompagna l’uscita dell’omonima rivista e che quest’anno, per ragioni Covid, è stato trasmesso online.
Possibile che Danieli sia in grado di convincere russi e americani e non possa risolvere il caso Ilva? L’assist di Monestier è andato a segno perché Danieli oggi sta proprio guardando a Taranto, convinta d’avere in casa quel che serve a traghettare l’impianto verso la sostenibilità, quella stessa tecnologia che il gruppo friulano si prepara a portare in Russia (e non solo) dove realizzerà un impianto per la produzione di acciaio a partire da una miniera, ma con un processo completamente decarbonizzato. «Perché oggi produrre acciaio in modo completamente sostenibile si può già – ha sottolineato Mareschi Danieli – e Taranto, che produce acciaio a partire dal minerale, potrebbe beneficiare dunque di questa tecnologia che ormai è matura».
Il gruppo di Buttrio la propone a diversi clienti nel mondo ormai da tempo, ben prima che parlare di acciaierie sostenibili divenisse prima una moda, poi una necessità. «Riusciamo a produrre acciaio partendo dal minerale senza usare il carbone, che in questo processo viene sostituito con l’energia rinnovabile». In Russia come a Taranto, salvo che nel primo caso l’appalto è già firmato, nel secondo ci sono invece scelte politiche ed economiche da prendere, risorse importanti da trovare. Dal canto suo Danieli c’è. «Non è vero che non riusciamo a convincere gli italiani, ci stiamo provando, ma ripeto: si parla di investimenti ingentissimi – ha ribadito Mareschi Danieli che non ha fatto mistero di come intervenire a Taranto significherebbe per il gruppo «coronare un lavoro decennale che ci permetterebbe di portare la tecnologia italiana in Italia».
Stringendo il campo al Fvg, le moderne acciaierie, quelle cioè che fondono il rottame anziché il minerale, sono in tutto quattro. Due grandi e due piccole. Tra le grandi c’è l’Abs di Cargnacco, un gioiello tecnologico che in un quarto di secolo il gruppo Danieli ha letteralmente reinventato. «Quando l’abbiamo rilevata, Abs era in una situazione di degrado, poco moderna e poco sostenibile, anche dal punto di vista finanziario – ha ricordato l’amministratore delegato –. Danieli ha fatto investimenti per 1 miliardo di euro in 25 anni e l’ha portata ad essere integrata nel territorio, un’azienda senza scarti, quello che entra e quello che esce dall’azienda sono solo materia prima e prodotto finito». A Cargnacco, del resto, gli investimenti continuano. «Abbiamo vari progetti, tra questi l’ampliamento del sito, che ci permetterà di produrre tutto in un unico impianto». Dall’Italia all’estero, la sostenibilità della produzione dell’acciaio ha spinto molti ad abbracciare l’industria siderurgica finalmente libera dalla sua cattiva reputazione, oggi ingiustificata alla luce della svolta green. «L’interesse di molti sta tornando – ha confermato Mareschi Danieli – e questo ha aperto un mercato molto interessante legato alle acciaierie totalmente sostenibili». Un mercato che negli Stati Uniti ha scelto proprio il colosso di Buttrio per realizzare il primo impianto negli Usa totalmente sostenibile grazie all’uso delle risorse rinnovabili. Dall’America alla Russia il percorso inverso ci riporta in Fvg, a Buttrio e a Cargnacco, alla difficoltà di reperire le figure tecniche necessarie al gruppo per garantire il turnover e per continuare a crescere. In questo lo stretto e proficuo rapporto con Malignani e Università, senza dimenticare il lavoro della Danieli Academy, certamente gioca un ruolo determinante. Ma non sufficiente. Che fare? «Una possibilità – conclude Mareschi Danieli – viene dall’immigrazione qualificata, che non va vista come un rischio, ma come una risorsa fondamentale». —
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