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Bussola Nordest, in Veneto premiate le competenze "soft"

Le indicazioni sulle richieste delle imprese di circa 230 imprenditori e manager nel territorio. Una rilevazione condotta per il nostro giornale da CR&A con il sostegno di Banco Bpm

Daniele Marini
Aggiornato alle 2 minuti di lettura

La nostra vita è ormai permeata dalle nuove tecnologie digitali. È un fenomeno che oltrepassa il mondo del lavoro e delle imprese, la cosiddetta «quarta rivoluzione industriale», e si dispiega ben oltre il settore manifatturiero. Di più, questa non ha ancora manifestato appieno i suoi effetti che si sta già prefigurando l'avvento della «quinta».

Velocità di diffusione, rapidità di cambiamento, pervasività degli ambienti in cui si declina: sono le caratteristiche peculiari di queste innovazioni. Tutto ciò incide sul nostro modo di apprendere. Se prima della loro introduzione, la formazione avveniva in modo progressivo e lineare (si pensi ai tempi dell'istruzione), oggi sperimentiamo modalità di apprendimento simili a una "navigazione": esattamente come in internet grazie ai collegamenti (link) che consentono di muoversi rapidamente da un contenuto a un altro. O attraverso il "tocco" (touch) del video di tablet o smartphone.

Diversamente dal passato, in cui le abilità professionali potevano essere tramandate di generazione in generazione, l'avvento delle nuove tecnologie digitali e del cosiddetto «4.0» stanno provocando una vera e propria rivoluzione. Un riflesso di simili mutamenti è rinvenibile nell'opinione raccolta presso un ampio gruppo di testimoni privilegiati fra imprenditori e manager del Nordest interpellati da Community Research&Analysis per i Quotidiani del gruppo GNN, con il sostegno del Banco BPM, con BEN - Bussola dell'Economia del Nordest sul tema delle competenze richieste dalle imprese, necessarie oggi e nei prossimi anni.

Abbiamo suddiviso le competenze in tre grandi aree: le abilità, le competenze di base e quelle trasversali. Per ciascuna di queste, a loro volta, sono state individuate delle sub aree che le potessero meglio descrivere. Ai primi tre posti, sia oggi che in prospettiva, troviamo le abilità cognitive (77,3%, 93,5% in futuro), le competenze relazionali (73,3%, 87,8% in futuro) e di contenuto (74,2%, 86,0% in futuro).

Leggermente più arretrate, ma in ogni caso rilevanti e in crescita, troviamo le competenze in materia di gestione delle persone e delle risorse (67,7%, 84,7% in futuro), le abilità tecniche (71,6%, 82,1% in futuro) e quelle di sistema (62,9%, 81,7% in futuro). Al fondo della classifica, ma con una dinamica inversa, incontriamo le abilità fisiche (17,0%, 11,8% in futuro), uniche a conoscere un declino. Se consideriamo le differenze dei pesi assegnati fra oggi e in prospettiva, possiamo mettere in luce come le competenze analitiche e di pensiero critico (+20,1), di fare innovazioni (+19,2) e quelle di sistema (+18,8) assumano un'accelerazione particolare agli occhi di imprenditori e manager e saranno quelle su cui puntare per la loro formazione professionale.

Un'attenzione particolare andrà poi alle abilità di gestione delle risorse e delle persone (+17,0) e alle abilità cognitive (+16,2) anch'esse percepite in sviluppo significativo.Queste (nuove) competenze sottolineano come siamo in presenza di un diverso paradigma del lavoro e del capitale umano che si sostanzia attorno a due concetti. Da un lato, la diffusa figura di lavoratori «imprenditivi» che uniscono l'autonomia fornita dalle nuove tecnologie digitali (che consente loro più ampi spazi di autogestione e responsabilità all'interno dei processi produttivi), all'aspirazione di trovare nel lavoro possibilità di carriera e formazione, crescita culturale, valorizzazione del merito e riconoscimento (dimensione soggettiva).

Dall'altro, una professionalità «generalista»: di fronte alla parcellizzazione del lavoro e alla sua iper-specializzazione (tipica del modello fordista-industriale), si assiste a una sorta di ricomposizione delle diverse parti del lavoro. In altri termini, un lavoratore deve possedere una sua professionalità specifica (expertise), e nel contempo deve essere in grado di conoscere l'intero processo produttivo e le diverse funzioni di un'impresa o di un servizio. Deve sapere dove si colloca il suo apporto lavorativo, in quale fase del processo, aspirando a realizzare un lavoro ben fatto. Non è un caso che diverse aziende, nei primi giorni di lavoro, facciano conoscere al neoassunto tutti i reparti dell'impresa (processo di «induction»).

Non c'è dubbio che queste nuove condizioni producano sfide radicali all'insegnamento e alla formazione delle giovani generazioni, ma anche di tutte le persone che in età adulta si trovano a doversi confrontare con le tecnologie digitali. Ciò non significa che l'apprendimento tradizionale, fatto attraverso lo studio e la memorizzazione dei concetti, non servirà più. Ma le due dimensioni dovranno essere parimenti sviluppate e integrate fra loro. Sarà fondamentale, alimentare un sapere non solo individuale, ma anche cooperativo. Perché stiamo assistendo a un rovesciamento: le competenze «immateriali» (usualmente definite soft), in realtà stanno sovrastando quelle tecniche e «materiali» (hard). Le prime saranno sempre più imprescindibili e le seconde accessorie.

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