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Dati migliori delle attese, l’industria del Fvg torna a essere ottimista

I numeri della congiuntura registrano una flessione a fine ’22, ma contenuta. Benedetti: «Pnrr ed energie alternative rappresentano delle opportunità»

Elena Del Giudice
Aggiornato 2 minuti di lettura

Un «ottimismo realistico» che poggia su solide basi, e sempre in assenza di evoluzioni negative, guida l’industria del Friuli Venezia Giulia in questa prima parte del 2023, alla luce dei dati dell’ultima indagine congiunturale che sono risultati migliori delle aspettative. Il calo della produzione c’è stato, a fine anno, ma la sua intensità è stata minore rispetto alle attese.

«Il sentiment degli imprenditori - spiega Gianpietro Benedetti, presidente di Confindustria Udine e reggente di Confindustria Fvg - direi che è positivo: la stragrande maggioranza si attende una crescita nel corso del ’23». Nell’indagine congiunturale, realizzata dall’Ufficio studi di Confindustria Udine, rileva sia l’ottimismo che i fattori che possono destare qualche preoccupazione, dai temi energetici all’inflazione, dal costo del credito alle possibili evoluzioni del conflitto in Ucraina.

I dati

Nel quarto trimestre del ’22 , come detto, la produzione industriale anche in Fvg è risultata in flessione, -2,9%, a livello tendenziale, ma è crescita di ben il +10,7% rispetto al trimestre precedente, e quindi come variazione congiunturale. Va detto che hanno pesato, nella seconda parte dell’anno, sia l’impennata dei costi energetici che il conflitto in Ucraina. Ma nel periodo ottobre-dicembre il calo è stato inferiore rispetto a quello registrato nel trimestre estivo. Il portafoglio ordini è risultato in miglioramento a fine 2022 con un +3,1% a livello tendenziale e +7,3% a livello congiunturale. Il trend è confermato dal grado di utilizzo degli impianti passato dal 77,5% del terzo trimestre al 78,9% dell’ultima parte dell’anno.

I settori

Nell’analisi per settori, spicca l’industria meccanica, che chiude l’anno con una variazione tendenziale del +2,3%, e anche l’industria alimentare, che sale del +6,2% sempre a livello tendenziale. In contrazione la siderurgia, -7,6%, il legno-mobile, -15,3%, la carta, -10,2%, la chimica, -4,6%, e la gomma plastica. Ha chiuso molto bene l’anno il comparto delle costruzioni, che è però quello che ha un orizzonte meno definito davanti a sé. Finito il traino del superbonus, permane l’incertezza legata ai crediti incagliati e, soprattutto, sull’evoluzione normativa che interessa il settore,

Occupazione

Il trend altalenante dello scorso anno, con un esordio molto brillante, spinto dalla grande ripresa dopo il Covid, “gelato” dalla guerra a Est e dall’esplosione dei costi dell’energia, non ha però eroso la base occupazionale. Diversamente da quel che è accaduto nelle precedenti recessioni, non solo il lavoro ha “tenuto”, ma la base occupazionale è aumentata. In positivo anche una variazione della qualità del lavoro, con un aumento dei contratti a tempo indeterminato «dovuta anche alla difficoltà delle imprese a mantenere in organico il personale necessario, spingendole a incentivare l’offerta dei contratti stabili».

Commodities

Altro elemento positivo la discesa del prezzo del gas che dopo aver toccato i 346 euro per megawattora di fine agosto, contro i 70 euro di febbraio ’22, e i 20 euro di gennaio ’21, è scelto a 47 euro.

Il futuro

«Gli elementi di incertezza non mancano - considera Benedetti -, così come le incognite. Ad esempio l’inflazione resterà ancora sui livelli attuali? Se così sarà, è intuibile immaginare una contrazione del credito: meno liquidità e più costosa, che può essere un freno agli investimenti».

Ci sono settori sui quali puntare? «Sicuramente tutti quelli legati ad una diminuzione delle emissioni, e in particolare della CO2 - risponde Benedetti -. Altre opportunità immagino arriveranno, e penso alle infrastrutture ma non solo, legate al Pnrr, e al settore della difesa, in cui il nostro Paese ha delle aziende champions. Altri settori che immagino siano di forte sviluppo, sempre orientati all’energia, dall’idrogeno al nucleare, vedono l’Italia meno protagonista, pur essendo il nostro Paese, e la nostra regione, ricchi di Pmi eccellenti nella componentistica». Lo scatto che l’Italia, e il Fvg, dovrebbe compiere è quello di tornare ad essere produttori di prodotti finiti, che è ciò che farebbe sì che il valore aggiunto resti qui.

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