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Mangiare in assenza di gravità, come AstroSamantha si mantiene in salute sulla Stazione spaziale

Nutriss è un progetto dell’Università di Trieste pensato per monitorare l’attività metabolica degli astronauti in condizioni di microgravità, a cui si erano già sottoposti il nostro Luca Parmitano e il tedesco Matthias Maurer nel corso di precedenti missioni dell’Agenzia spaziale Europea (Esa)

Giulia Basso
Aggiornato 2 minuti di lettura
(ansa)

A fine settembre Samantha Cristoforetti rimetterà finalmente piede sul nostro pianeta, dopo una permanenza nella Stazione spaziale internazionale (Iss) di sei mesi. E con le ultime misurazioni a terra si concluderà per lei il progetto Nutriss, uno dei quaranta esperimenti, sei dei quali italiani, cui ha preso parte durante la missione Minerva. Nutriss è un progetto dell’Università di Trieste pensato per monitorare l’attività metabolica degli astronauti in condizioni di microgravità, a cui si erano già sottoposti il nostro Luca Parmitano e il tedesco Matthias Maurer nel corso di precedenti missioni dell’Agenzia spaziale Europea (Esa).

Con Astrosamantha è stato testato per la prima volta su una donna: finora i risultati, confermati dal medico di volo Esa, l’olandese Maybritt Kuypers, sono stati eccellenti. Tanto che da protocollo di ricerca, Nutriss potrebbe presto trasformarsi in procedura medica consolidata. Perché se davvero vogliamo rimettere piede sulla Luna o finalmente sbarcare su Marte dobbiamo riuscire a comprendere come limitare i danni causati dalla prolungata permanenza spaziale sul fisico umano.

Le condizioni di microgravità, cui si somma il problema delle radiazioni cosmiche, impattano negativamente sugli esseri umani: i possibili danni sono di carattere cardiovascolare, di perdita di massa muscolare e di densità ossea e di aumento dello stress ossidativo.

«Con Nutriss monitoriamo il metabolismo muscolare in condizioni di microgravità e adottiamo accorgimenti speciali per contrastare la perdita di massa magra attraverso il controllo dell’alimentazione e dell’attività fisica», spiega Gianni Biolo, alla guida del team triestino del progetto.

«Come successo con gli altri astronauti, la Cristoforetti è stata dotata di un analizzatore di bioimpedenza, uno strumento per l’analisi e il monitoraggio della composizione corporea - racconta il ricercatore Filippo Giorgio Di Girolamo -. Una volta al mese le sono stati posizionati degli elettrodi su polsi e caviglie, per determinare la percentuale di massa grassa e magra del corpo, e confrontare i dati con quelli raccolti prima della partenza».

L’obiettivo è mantenere il corpo in salute, correggendo l’alimentazione nel caso si noti una perdita di massa muscolare. «Il medico di volo si è detto soddisfatto dell’esperimento, definendo “fondamentali” il tipo di misurazioni previste, perché se avesse avuto come riferimento solo la variazione di massa avrebbe preso decisioni diverse».

Quanto alla questione di genere, «le donne partono svantaggiate, perché hanno una minore massa muscolare e ossea, quindi bisogna stare ancora più attenti a non perderla», commenta Biolo. Lo specialista è appena entrato a far parte di un ristretto team che, con il coordinamento della Nasa, sarà chiamato a definire le procedure mediche per i voli di lunga durata. Tra le variabili con cui gli esperti si sono dovuti confrontare in questi sei mesi la più rilevante riguarda l’energia spesa da Astrosamantha nelle attività extraveicolari prolungate: l’astronauta si è recata più di una volta all’esterno della Iss per lavori di manutenzione e montaggio.

Queste uscite, molto faticose, comportano un maggior dispendio di energie: si consumano dalle 100 alle 200 calorie in più all’ora, che si sono dovute mettere nel computo per calcolare la quantità di energia da introdurre con l’alimentazione.

Quanto alla dieta dell’astronauta, i medici consigliano che sia leggermente più proteica rispetto a quella di un terrestre. «Nello spazio il problema è quello di mangiare a sufficienza, perché certi cibi, come i carboidrati, non sono molto gradevoli - evidenzia Di Girolamo -. Sono racchiusi in box e disidratati, e con l’aria artificiale anche gli odori e i sapori cambiano. A rimanere uguali come gusto, odore e consistenza sono pochi alimenti. Come le noccioline e il cioccolato, che non per caso gli astronauti adorano».

Oltre a Nutriss, il team del professor Biolo è coinvolto in altri due studi, stavolta a terra, per comprendere perché nei lunghi viaggi spaziali si sviluppa un maggiore stress ossidativo e come prevenirlo: con l’Agenzia spaziale italiana ha appena concluso Mars-pre e con l’Agenzia spaziale francese, a Tolosa, sta portando avanti Dry-Immersion. — © RIPRODUZIONE RISERVATA

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