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Cimolai, in pista due big dell’industria per il salvataggio: WeBuild e Vinci

Ci sarebbe l'interessamento di WeBuild guidato da Pietro Salini. Anche il gruppo francese Vinci di Xavier Huillard potrebbe entrare nel capitale

Maura Delle Case
2 minuti di lettura

Che fosse in corso uno "scouting" di capitali esteri da parte del gruppo Cimolai per traghettare l'azienda fuori dal momento di difficoltà causato dai derivati stipulati a copertura del cambio sul dollaro era noto. Una ricerca che dallo Stivale, nel corso dei giorni si è andata estendendo anche oltre confine e sulla quale è tempo delle prime indiscrezioni. I possibili cavalieri bianchi, secondo il quotidiano finanziario Milano Finanza, sarebbero due. Uno italiano, l'altro francese: WeBuild, gruppo multinazionale che opera nel settore delle costruzioni e dell'ingegneria quotato a Piazza Affari, guidato dall'ad Pietro Salini, forte di 1,4 miliardi di euro di capitalizzazione, e il gruppo d'oltralpe Vinci, diretto dal ceo Xavier Huillard, quotato a Parigi Euronext, con un valore di borsa pari a 56,24 miliardi di euro.

Secondo MF entrambe le realtà potrebbero entrare nel capitale di Cimolai. Un ingresso che avverrebbe in minoranza, alla luce dell'intenzione dichiarata dalla famiglia di industriali friulani di mantenere la quota di controllo e continuare a guidare il gruppo che sotto il profilo industriale sta vivendo, a dispetto della congiuntura internazionale, uno dei momenti più floridi della sua storia con oltre 800 milioni di euro di opere in portafoglio.

L'ingresso dei nuovi soci avverrebbe attraverso un aumento di capitale, la cui entità è al momento in corso di definizione - affidata a Lazard come pure l'analisi dell'impatto negativo dei derivati sui conti del gruppo - ma che si stima possa aggirarsi intorno ai 150 milioni di euro complessivi. A rendere necessaria l'operazione come detto è il caso dei contratti derivati esploso poche settimane fa come un fulmine a ciel sereno per i vertici dell'impresa. Stipulati a copertura del cambio euro-dollaro, pare per iniziativa degli ex responsabili della struttura finanziaria del Gruppo che nel frattempo sono stati rimossi, sarebbero stati emessi all'insaputa del presidente Luigi Cimolai e degli organi sociali traducendosi poi in un boomerang per il gruppo friulano a causa dell'inatteso rally del dollaro che ha mandato la moneta europea ben sotto la parità.

Il valore dei contratti - usati a copertura del rischio valutario legato ad alcune grandi opere in corso di realizzazione all'estero, tra cui due stadi, uno in Qatar e uno a Las Vegas, e il Perelman Performing Arts Center di New York - sarebbe pari a 420 milioni e si fonderebbe su una stima di cambio dell'euro sul dollaro fino a 1,155, rapporto che oggi è invece precipitato a 0,99.
Lo scorso 20 ottobre il gruppo Cimolai (leggi Cimolai spa e Luigi Cimolai Holding) ha ufficialmente depositato la domanda prenotativa al tribunale di Trieste, strumento previsto dal nuovo codice della crisi d'impresa per la protezione dai creditori. Dall'ufficio giudiziario ha quindi ottenuto il congelamento di circa 100 milioni di euro di collaterale, la liquidità fornita a garanzia di un derivato, legato ai contratti sottoscritti. La perdita legata ai derivati è stata stimata dal gruppo in 211 milioni di euro. Ora Cimolai ha tempo fino al 20 dicembre, data fissata sempre dal tribunale di Trieste, per elaborare un piano di ristrutturazione.

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