Marchetto: «La recessione? Non si sente. Ci siamo abituati a gestire la complessità»
Intervista al patron della trevigiana Somec: «Il mio sogno è arrivare a 500 milioni di ricavi, il nostro modello ha vinto»
Roberta Paolini
La guerra fa sempre paura, ma anche alla paura ci si abitua, si cercano vie per gestirla. La recessione non è più uno spettro, non ci sarà. I prezzi? Sono alti, ma si sono stabilizzati e così si può intervenire. Oscar Marchetto, numero uno di Somec, sfreccia nel suo ragionamento come un demone. Ottimista, pragmatico, visionario. «Noi italiani riusciamo destreggiarci nel caos, chi è più strutturato non ci riesce, noi siamo dotati di pensieri veloci», dice.
Marchetto, la sua Fabbrica, azienda fondata negli Usa nel 2017 da ex manager Permasteelisa e controllata da Somec, ha chiuso una commessa da 32 milioni di dollari. Quali strategie di sviluppo prevedete?
«La scelta di entrare nel civile nel 2018 è un’avventura che ha portato i suoi frutti. Oggi Fabbrica pesa circa un terzo del gruppo. Abbiamo scelto di andare su opere architettoniche complesse. Siamo in settori dove non ci sono i sali scendi del residenziale, a Boston con ospedali, laboratori di biotecnologie, a Washington con gli stabili governativi, a New York con complessi commerciali di settori in grande ascesa, come il lusso, anche se non posso fare i nomi. Sono opere dove c’è capacità finanziaria. E poi c’è il tema della sostenibilità e qui entrano le facciate degli edifici. È necessario cambiare la pelle esterna delle costruzioni. Vedo in generale molta fiducia, ci siamo lasciati alle spalle inflazione, guerra, costi energetici. Quella crisi che stava montando non dico che l’abbiamo abbandonata, ma stiamo trovando il modo di cavalcarla».
A quanto ammonta il portafoglio ordini di Somec e quali sono i mercati o le divisioni principali?
«Il bilancio di chiusura sarà a marzo e lì daremo numeri precisi, il portafoglio ordini è vicino al miliardo. Dal 2021 non dividiamo più tra navale e civile, abbiamo tre divisioni, quella che si occupa di facciate e vetrate per gli esterni, Mestieri (ha da poco chiuso l’acquisizione di Gino Ceolin, ndr) per gli interni e poi le cucine. Questa diversificazione ci ha reso resilienti e va oltre le crisi di settori e mercati. Noi siamo al 90% tra Stati Uniti e l’Europa, mercati stabili. E poi abbiamo un modello local e ci ha molto aiutato in questi anni. Abbiamo un obiettivo i 500 milioni nel 2025, è il mio sogno».
Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, ha detto che non ci sono rischi di recessione per l’Italia nel 2023 se non si faranno errori di politica economica. Aggiungendo che i primi sei saranno più complessi ma poi l’economia ripartirà. Che ne pensa?
«Per Somec non vedo recessione, ma crescita. Per quello che riguarda l'Italia la ricetta è sempre la stessa, serve un po’ di stabilità, anche di chi ci governa. Se c’è, noi imprenditori riusciamo a fare una strategia. Poi c’è da dire che l’impresa italiana, tipicamente, si muove molto bene nei cambiamenti. L’italiano è quello che si adatta di più. Abbiamo visto come la nostra economia sia emersa nonostante pandemia, inflazione e poi la crisi della guerra. Al contrario chi è più rigido soffre di più. Oggi sentiamo ancora il costo dell’energia e delle materie prime, sono alti, ma stabili, così possiamo ri-tarare i prezzi. Se abbiamo parametri fermi possiamo agire».
Voi lavorate molto negli Usa, esiste un tema di parità euro dollaro?
«Per Somec questo non è un problema, perché operiamo con Fabbrica, che sta in Connecticut. Ciò detto, per il nostro Made in Italy credo ci sia una buona soglia di tolleranza. Qui stiamo parlando di un 10/15% in più, abbiamo prodotti molto desiderati e non credo che questo aumento alla fine farà la differenza».
La Borsa è vicina ai massimi degli ultimi cinque anni, guardando ai mercati che previsioni si sente di fare?
«La Borsa anticipa i trend e gli investitori stanno puntando sulle aziende italiane».
La guerra in Ucraina vi fa ancora paura?
«La guerra fa sempre paura, ma noi conviviamo da sempre con le guerre. Qui è più vicina, non dico sia passata in secondo piano, è che dopo la paura stiamo sperando in una soluzione a breve. In questi ultimi tre anni abbiamo visto di tutto, e ci siamo adeguati. Oggi sappiamo che non avremo più la stabilità cui siamo stati abituati e dobbiamo essere più veloci nei pensieri e nelle strategie».
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