In evidenza
Sezioni
Quotidiani GNN

Il business del sigillo Unesco, Amarone in scia al Prosecco

Per lo spumante boom di esportazioni dopo il riconoscimento. Ora ci prova la Valpolicella

giorgio barbieri
2 minuti di lettura

Ad aprire la strada erano state nel 2014 le Langhe e il Monferrato. Cinque anni dopo era stato il turno delle colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. E ora anche la Valpolicella va a caccia del sigillo Unesco di Patrimonio immateriale dell’umanità. Un riconoscimento ambito che non solo regala prestigio a chi lo ottiene ma garantisce anche un impennata del business grazie alle visite turistiche e all’export.

Ne è un esempio perfetto il Prosecco per il quale il riconoscimento dell’Unesco ha contribuito a rafforzare il posizionamento come un prodotto di alta qualità e autentico aprendo la strada a nuove opportunità di business, soprattutto nei mercati emergenti come l’Asia.

E i numeri sono lì a dimostrarlo. Il Prosecco Doc ha chiuso il 2022 con un incremento dei volumi di produzione dell’1,8% sul 2021 e un aumento del valore dell’11,5%, per un totale di 638,5 milioni di bottiglie vendute e un controvalore stimato di oltre tre miliardi di euro.

I numeri, resi noti dal Consorzio che tutela e promuove le bollicine veneto-friulane, mostrano che l’export ha toccato per la prima volta l’81,2%, mentre il consumo interno nel 2022 si è attestato al 18,8% delle vendite totali.

Sul fronte dei mercati esteri la novità che salta all’occhio è invece il balzo compiuto dagli Stati Uniti che, con una crescita del 5,8%, ha sorpassato a volume il Regno Unito, mentre da diversi anni risultava già al vertice in termini di valore.

Ma sono ottime anche le prestazioni della Docg di Conegliano e Valdobbiadene che ha raggiunto i massimi storici a livello di produzione. L’anno scorso sono state 104 milioni le bottiglie, nel 2021 si era raggiunto lo stesso valore.

Ormai sono cifre stabilizzate, quello che conta è la crescita del valore (nel 2021 siamo arrivati a 588,4 milioni di euro, +18% sull’anno precedente) e il boom di turisti sulle colline Unesco.

A certificarlo è il Rapporto economico annuale 2022 (a cura del professor Eugenio Pomarici del Centro interdipartimentale per la Ricerca in viticoltura ed enologia) che mostra come per il Docg il mercato italiano detenga ancora la quota maggiore di bottiglie vendute.

Per il 2021 si tratta di 59,5 milioni di bottiglie per un valore di 363,8 milioni di euro. Quanto ai canali di vendita, si confermano le centrali d’acquisto che detengono una quota a volume del 46,3%, il settore Horeca ed enoteche che si attesta sul 25,8% e i grossisti che raggiungono il 18,7%. Crescono le quote della vendita diretta (+28,4% in volume e + 30,7% in valore), come conseguenza della ripresa delle attività enoturistiche: nel 2021 il numero dei visitatori in cantina ha superato le 350.000 unità, con un incremento del 42,4% rispetto al 2020.

Infine, si conferma la crescita del canale online con un incremento delle vendite del 40% in volume e del 53% in valore.

Ma è sulle esportazione che il sigillo Unesco ha avuto più effetto. All’estero il Prosecco è noto soprattutto per la Doc. Ma la Docg si sta facendo spazio. Nel 2021 le esportazioni hanno raggiunto un valore pari a 224,8 milioni di euro ed un volume di 41,3 milioni di bottiglie, con un incremento dell’8,9% in valore e dell’11,4% in volume. Il Regno Unito si conferma prima destinazione dell’export in volume (9,6 milioni di bottiglie) e in valore (50,2 milioni di euro). Crescono anche le esportazioni verso Germania (7,6 milioni di bottiglie).

Prestazioni che ora hanno convinto il Consorzio vini Valpolicella a presentare il dossier per la candidatura a Patrimonio Unesco della tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella.

Tra i punti di forza, individuati anche l’estensione territoriale dell’appassimento praticato da “8mila persone” nei 19 comuni della denominazione. Il documento verrà ora trasmesso al ministero della Cultura, a quello dell’Agricoltura e alla Commissione nazionale per l’Unesco, l’organismo interministeriale coordinato dal ministero degli Esteri cui spetta il compito di scegliere, entro il 30 marzo, l’unica candidatura italiana da inviare a Parigi per la valutazione.

Ma non ci sono solo la Marca trevigiana e la Valpolicella. Anche i grandi rossi a denominazione di origine “Colli Euganei”, prodotti da vigneti piantati su terreni di origine vulcanica e in condizioni climatiche particolari, puntano al sigillo Unesco per il fatto di essere piantati in una zona candidata a Riserva della Biosfera Mab Unesco.

Quella dei Colli Euganei è infatti una piccola denominazione collinare nel cuore della pianura veneta che si affaccia sulla laguna di Venezia. Un’oasi particolarmente vocata per la produzione di rossi di qualità. E chissà che anche questi non diventino Patrimonio dell’Umanità.

I commenti dei lettori