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Cimolai ammessa al concordato, una newco per il salvataggio

Il Tribunale delle imprese di Trieste ha emesso il decreto che avvia la procedura. Omologa entro fine anno. Garanzie per la continuità aziendale e per i 796 dipendenti

Elena Del Giudice
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La Cimolai è stata ammessa al concordato. Superato ufficialmente il primo scoglio per l'operazione "salvataggio" del grande gruppo pordenonese specializzato nelle grandi opere in acciaio. Notificati ieri infatti i due decreti della sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Trieste datati 22 marzo che dichiarano l'apertura del concordato preventivo per le due società: Cimolai Spa e Cimolai holding Spa, entrambe con sede legale a Roma, ma effettiva a Porcia.

Nel decreto si stima anche la data dell'omologa definitiva, entro la fine dell'anno, e si indica il periodo tra il 20 luglio e il 10 agosto 2023, per raccogliere le votazioni dei creditori. Nelle otto pagine di decreto si individua anche la data che ha segnato la svolta, in negativo, per lo storico gruppo industriale pordenonese: quella del 7 settembre 2022.

Prima di allora non si erano palesati «particolari indizi o segnali di crisi, né condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendessero probabile la crisi o l'insolvenza; solo una volta accertati gli elementi di anomalia e irregolarità dell'operatività in contratti derivati su cambi, la società avrebbe preso cognizione della tensione finanziaria e del deficit patrimoniale legati al valore fortemente negativo degli strumenti finanziari», ovvero le ormai tristemente famose operazioni con i derivati a copertura del rischio di cambio tra euro e dollaro.

Il piano di salvataggio descritto riassume quanto già avevamo avuto modo di anticipare: la creazione di una newco, Nuova Cimolai, interamente partecipata dalla Luigi Cimolai Holding, alla quale a titolo oneroso vengono trasferiti «tutti gli asset, i contratti e gli altri elementi patrimoniali» della Cimolai spa, che avrà il compito di garantire la continuità aziendale, la prosecuzione delle commesse in portafogli, salvaguardando anche tutti i posti di lavoro in essere, e quini tutti e 796 i dipendenti diretti dell'azienda alla data del 31 gennaio scorso.

L'operazione avverrà grazie alla nascita di uno «strumento finanziario partecipativo di patrimonio tramite il quale - a partire dalla data che cade 24 mesi dopo l'omologa - verrà veicolata alla società una parte dei flussi di cassa della Nuova Cimolai, sino a che la società abbia ricevuto un importo pari al minore tra quanto necessario al fine di consentire che tali distribuzioni, unitamente a quanto effettivamente già corrisposto dalla società ai propri creditori chirografari per effetto dell'avvenuta alienazione dei beni non strumentali, garantiscano il rimborso dei debiti chirografari» nei termini definiti dalla proposta di concordato.

La newco si farà ovviamente carico di liquidare i creditori privilegiati. Il piano prevede - ma non indica al momento - la possibilità di intervento di nuovi soci di capitale che potrebbero eventualmente accelerare i tempi indicati per liquidare i creditori. Nel piano si prevede anche la dismissione di beni non strumentali, immobili e terreni compresi, e la liquidazione di partecipazioni per un valore di 44 milioni di euro. Il Tribunale di Trieste ha anche nominato come giudice delegato - per la Cimplai spa - il dottor Daniele Venier e confermato nel ruolo di commissario giudiziale il commercialista pordenonese Alberto Cimolai, mentre per Cimolai Holding il giudice delegato è Francesco Saverio Moscato, il commissario giudiziale è sempre Alberto Cimolai.

Come detto la procedura concorsuale punta a rendere possibile il salvataggio dell'azienda pordenonese entrata in crisi - finanziaria - a causa di operazioni con i derivati che erano state avviate dall'ex Cfo del gruppo a copertura del rischio su cambio euro/dollaro, operazioni che - secondo quanto riferito dall'azienda - non erano state autorizzate dalla proprietà e sottoscritte da chi non avrebbe avuto titolo per farlo. Aspetti sui quali si dibatterà anche presso il tribunale londinese davanti al quale pende un'altra causa, quella che il colosso pordenonese è stato obbligato ad avviare nei confronti di banche e intermediari che quelle operazioni in derivati avevano avviato. Una ventina le controparti, circa 500 milioni di euro il valore in gioco.

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