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Ricostruire Mariupol: Rizzani de Eccher Cimolai, Cosulich i colossi Fvg in corsa

Metinvest avvia il piano per la rinascita della città ucraina. Diverse le aziende della regione interessate al progetto

Riccardo De Toma
2 minuti di lettura

Di spiragli per una tregua tra Russia e Ucraina, al momento neppure l’ombra. Anzi, le prospettive di un’espansione del conflitto sembrano addirittura prevalere sulle speranze di pace e di stabilizzazione della situazione ai confini della Russia, dalla Crimea e la Transnistria fino alla Georgia.

Ciò nonostante, mentre il conto dei morti, dei feriti e delle distruzioni si allunga ogni giorno, l’Europa e il mondo hanno già messo i ferri in acqua e cominciato a fare i conti sulla ricostruzione: conti che secondo le ultime stime, quelle delle Banca mondiale, supereranno i 400 miliardi di dollari, imponendo all’Europa e a tutto l’Occidente di mettere mano al portafoglio molto più di quanto abbiano fatto finora per sostenere l’Ucraina e i suoi 45 milioni di abitanti.

Da un lato un costo per i cittadini europei e per i sofferenti bilanci pubblici dei rispettivi Paesi, già provati dal doppio shock della pandemia e della crisi energetica, dall’altro un’opportunità per le aziende che possono candidarsi a interpretare un ruolo di primo piano nelle enormi opere di ricostruzione e di re-infrastrutturazione di cui avrà bisogno l’Ucraina.

A qualcuno potrebbe sembrare cinico, ma è lo stesso governo di Kiev il primo a guardare avanti, muovendosi non soltanto per ottenere aiuti immediati, militari e civili, ma anche in vista di un’opera di ricostruzione che si annuncia immane.

Di ricostruzione si è parlato a fine aprile alla conferenza bilaterale di fine aprile a Roma, ma gli incontri si susseguono di settimana in settimana su scala internazionale, coinvolgendo anche le rappresentanze del mondo imprenditoriale. Attivissima su questo fronte la Banca mondiale, che punta anche a sollecitare l’interesse dei grandi fondi d’investimento, nella consapevolezza che la potenza di fuoco delle banche centrali non sarà sufficiente.

Alla partita che, anche grazie all’attivismo di Metinvest, potrebbe iniziare da Mariupol guardano con estremo interesse anche diverse ammiraglie del tessuto produttivo regionale. Guardando alle grandi opere di infrastrutturazione civile, il pensiero non può non correre a grandi gruppi come Rizzani de Eccher e Cimolai, forti di una consolidata presenza sul mercato internazionale e anche nell’area dell’Europa orientale.

E la stessa Danieli è una candidata naturale, soprattutto alla luce dei suoi consolidati rapporti con Metinvest, il colosso siderurgico ucraino già presente a San Giorgio di Nogaro con la controllata Trametal e partner del gruppo di Buttrio nel progetto che punta alla costruzione di un nuovo mega-impianto (sia esso nell’area dell’Aussa Corno oppure no).

Definita “green” dai suoi promotori, l’acciaieria sta incontrando una decisa opposizione a livello locale a causa dei timori sull’impatto ambientale, legati in primis (ma non soltanto) all’esigenza di nuovi dragaggi per abbassare i fondali. Fondali che già oggi condizionano pesantemente la logistica di Trametal e degli altri laminatoi della zona, costretti a un forte ricorso al trasporto terrestre, all’utilizzo di chiatte (un servizio coperto dalla triestina Cosulich) e ad altre procedure di alleggerimento dei carichi.

Ma l’acciaio è solo una parte del business. L’Ucraina ha bisogno di tutto: case, strade, scuole, ospedali, fabbriche, centrali energetiche, sicuramente anche delle navi di Fincantieri. Oltre che di progettisti, competenze, professionalità.

Tante opportunità, ma anche un fabbisogno di finanziamenti che potrebbe superare di parecchio i 410 miliardi stimati dalla Banca Mondiale. C’è chi parla di 750 miliardi, un conto pari a dieci volte la spesa affrontata finora dall’Ue e dai suoi Paesi membri per sostenere l’Ucraina (compresi i costi dell’accoglienza ai profughi). Cifre già enormi, ma che crescono di giorno in giorno, con un rinvio sine die di qualsiasi prospettiva di ricostruzione.

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