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Cgia di Mestre, le pmi pagano più delle Big tech: hanno versato oltre 19 miliardi al fisco

Se il livello medio di tassazione delle big tech è, secondo uno studio di Mediobanca, al 33,5%, nelle nostre piccole realtà si aggira attorno al 50% cento. Le ragioni per cui le controllate presenti in Italia delle multinazionali del web possono beneficiare di un tax rate del 33,5% derivano dal fatto che il 30% circa dell'utile ante imposte è tassato nei Paesi a fiscalità agevolata

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(afp)

Nel 2020 le piccole imprese con meno di 5 milioni di euro di fatturato hanno versato 19,3 miliardi di euro di imposte. Nel 2021, invece, le 25 filiali italiane dei principali gruppi mondiali di web e software hanno dato 186 milioni di euro.

Lo rileva la Cgia secondo cui nell'ultimo anno in cui i dati sono disponibili i piccoli imprenditori hanno pagato 19,1 miliardi in più dei big del web presenti in Italia. Additati di essere i principali responsabili dell'evasione, il popolo delle partite Iva, invece, paga un ammontare complessivo di tasse 104 volte superiore ai giganti del web che nel 2021 hanno registrato nel 2021 un giro d'affari in Italia pari a 8,3 miliardi di euro; il numero di addetti occupati in queste realtà era pari a 23 mila unità e al fisco italiano hanno versato solo 186 milioni di euro.

I 3 milioni di piccole imprese con meno di 5 milioni di fatturato, invece, nel 2020, anno in cui molte di loro a causa del Covid sono state chiuse per mesi, hanno generato un fatturato di 735,8 miliardi e il contributo fiscale è stato di 19,3 miliardi di euro.

Se il livello medio di tassazione delle big tech è, secondo Mediobanca, al 33,5%, nelle nostre piccole realtà si aggira attorno al 50% cento. Le ragioni per cui le controllate presenti in Italia delle multinazionali del web possono beneficiare di un tax rate del 33,5% derivano dal fatto che il 30% circa dell'utile ante imposte è tassato nei Paesi a fiscalità agevolata che ha dato luogo a un risparmio fiscale cumulato che, nel periodo 2019-2021, è stato di oltre 36 miliardi di euro.

Una prima soluzione potrebbe giungere dall'applicazione di una minimum tax con aliquota al 15% in capo alle multinazionali che fanno fatturati oltre i 750 milioni di euro. La misura, introdotta da una direttiva europea del dicembre 2022, entrerà in vigore dal 2024 e dovrebbe consentire al nostro erario di incassare 3 miliardi aggiuntivi. Ma, ricorda la Cgia, anche alcuni grandi player italiani hanno trasferito la sede fiscale o quella legale, magari solo di una consociata, all'estero, come nei Paesi Bassi, perché lì è possibile beneficiare sia di una legislazione societaria molto favorevole.

La Cgia è contraria all'eliminazione dell'Irap che avvantaggerebbe le multinazionali. Nel 2022 il gettito complessivo riconducibile all'Irap è stato pari a 28,7 miliardi di euro, di cui 17,8 sono stati versati dalle imprese private e 10,8 dalle Pa. Con il disegno di legge di riforma del fisco approvato nei mesi scorsi dal governo Meloni, l'intenzione è di eliminare definitivamente l'applicazione di questa imposta sulle imprese private, compensando il mancato gettito attraverso un inasprimento dell'Ires di pari importo

. Se apparentemente questa decisione appare neutra per le casse dello Stato, in realtà rischia di «avvantaggiare» quelle multinazionali o grandi aziende che fanno utili milionari in Italia, ma poi versano le imposte sul reddito di impresa nei Paesi a fiscalità di vantaggio, magari in paesi extra Ue. L'imposta è un «tributo proprio derivato» il cui gettito è attribuito alle regioni, le quali devono, pertanto, esercitare la propria autonomia impositiva entro i limiti stabiliti dalla legge nazionale.

Il gettito dell'Irap concorre, nella misura e nelle forme stabilite dalla legge, al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e presenta un rischio di evasione molto contenuto.

A decorrere dal 31 dicembre 2015, infine, il legislatore ha alleggerito il peso di questa imposta per non gravare soprattutto sulle aziende che creano posti di lavoro, in particolar modo quelli stabili. Infatti, è stata prevista la possibilità di dedurre integralmente dal calcolo della base imponibile l'intero costo sostenuto per i lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato.

Tra i big solo la Germania applica alle imprese un'aliquota fiscale superiore alla nostra. Tra i 27 paesi Ue, l'Italia è al quarto posto per livello di aliquota fiscale applicata alle società di capitali (Srl, Spa, etc.).

Con una soglia del 27,9% - dato dalla somma di Ires (24%) e Irap (3,9%) - solo la Germania (29,8%), il Portogallo (31,5%) e Malta (35%) hanno un'aliquota più alta della nostra. Rispetto alla media dell'Area euro scontiamo un differenziale aggiuntivo di 4,9 punti.

Se, invece, vogliamo stimare il contributo che le imprese italiane forniscono alle casse pubbliche, si arriva a quantificare una cifra che è attorno ai 99,4 miliardi di euro. Importo, quest'ultimo, che corrisponde al 12,9% del gettito fiscale complessivo.

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