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Lavoro, in Fvg cresce solo quello dipendente. Partite Iva in calo

Nei primi nove mesi dello scorso anno occupazione a +3,3%. Industria ed edilizia fanno da traino. Segnali di rallentamento

Maurizio Cescon
2 minuti di lettura

Che il 2022 sia stato un anno ottimo per i fondamentali dell’economia regionale era già evidente, con il marcato aumento del Pil, i dati record dell’export e la produzione industriale che è andata oltre le attese. A corroborare questi numeri ci sono adesso quelli certificati dall’Ires del Friuli Venezia Giulia sulle assunzioni. Nei primi nove mesi del 2022 infatti l’occupazione in regione è aumentata in media di 16.500 unità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+3,3%), quando l’economia era ancora negativamente condizionata dalle restrizioni introdotte per fronteggiare la pandemia. «La crescita - commenta il ricercatore dell’Ires Alessandro Russo sulla base di dati nazionali e locali - ha riguardato soprattutto l’industria e l’edilizia (+5,5% in entrambi i settori) e unicamente il lavoro dipendente (+4,2%). Il numero medio di disoccupati è pari a 27.300 unità contro i 30.400 del periodo gennaio-settembre 2021, quindi in appena 12 mesi sono stati assorbiti dal sistema manifatturiero, dall’agricoltura o dai servizi ben 7 mila lavoratori, alcuni dei quali hanno ottenuto contratti a tempo indeterminato». Un importante handicap, in un contesto comunque positivo, è quello che riguarda la scarsità di offerta di manodopera in molti settori: dagli informatici agli operatori della sanità, dagli operai specializzati, agli addetti a servizi sociali e istruzione. E il Friuli Venezia Giulia è una delle regioni che ha più “fame” di manodopera: la provincia di Pordenone, infatti, è quella con le maggiori difficoltà di reperimento di personale in tutta Italia, seguita da Gorizia al terzo posto da Udine al decimo e da Trieste al 16esimo.

I dati relativi al solo terzo trimestre del 2022 mostrano un leggero calo tendenziale dell’occupazione rispetto al corrispondente periodo del 2021 (-2.300 unità, pari a –0,5%). Anche il tasso di occupazione, che nel secondo trimestre aveva superato il 70% (nella fascia di età 15-64 anni) ed era il secondo in Italia dopo quello della provincia di Bolzano, è sceso al 67,8% e al settimo posto a livello nazionale. Il tasso di disoccupazione si è mantenuto comunque inferiore al 5%, praticamente a livelli fisiologici.

Nei primi nove mesi del 2022 il numero di assunzioni in Friuli Venezia Giulia nel settore privato (esclusi i lavoratori domestici e gli operai agricoli) è aumentato del 18,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (da 106.600 a 126.200, circa 19.500 unità in più). Tale valore risulta inoltre superiore (di quasi 12.000 unità) anche a quello dello stesso periodo del 2019, l’anno precedente alla pandemia. Nel 2022 sono cresciute in termini relativi soprattutto le assunzioni a tempo indeterminato (+34,5%), mentre in valori assoluti l’incremento più rilevante ha riguardato quelle a termine (+6.133 unità). A livello territoriale le province di Trieste (+20,3%) e Udine (+21,7%) presentano le variazioni positive di maggiore entità; Pordenone (+12,4%) e Gorizia (+15,3%) evidenziano degli incrementi comunque significativi, anche se inferiori. Nella seconda parte dell’anno, in particolare dall’autunno, si osserva un rallentamento della domanda di lavoro; la crescita rilevata si è infatti concentrata nei primi cinque mesi, mentre da giugno i valori sono allineati a quelli dello stesso periodo del 2021.

Nella nostra regione, nei primi nove mesi del 2022, il numero di aperture di partite Iva è diminuito del 24% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’area giuliana è l’unica che mostra un incremento (+8%), mentre a livello nazionale la variazione è stata pari a –7,7%. Il calo si è concentrato nella provincia di Gorizia (-72%), che nel 2021 aveva registrato un anomalo incremento di aperture da parte di soggetti non residenti operanti nel commercio online. A livello nazionale, sempre nei primi nove mesi del 2022, oltre 200 mila soggetti hanno aderito al regime forfettario, pari a poco meno della metà delle nuove aperture. Dal 2023 il regime forfettario è stato portato a 85 mila euro.

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